mercoledì 27 marzo 2024

IL NIHILSISTENZIALISMO: LA PERCEZIONE DELL'ESISTERE NELL'ERA DEL TRANS-UMANO

Un libro che parla della nuova società nichilista. In questo mondo, nato dalla disillusione dell’uomo rispetto alle antiche credenze e certezze, i giovani si relazionano in modo diverso rispetto al passato. Il loro nuovo modo di interagire con l’universo e con gli altri è virtuale. Da qui viene meno il principio generativo, poiché nella società tutto entra in crisi. Inoltre, le grandi concezioni politiche, religiose e ideologiche che la fondavano, progressivamente sono tramontate. I giovani passano sempre più tempo immersi in un “oceano” di social e dati virtuali, spesso dannosi, in quanto in esso sentono di “esistere”. Come riuscire a non farli “affogare”?

La risposta non è semplice, tuttavia l’autore spera in un nuovo “risorgimento” educativo che riporti in superficie i sentimenti e le curiosità delle nuove generazioni.

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sabato 27 gennaio 2024

ORIGINE E DEFINIZIONE DEL TERMINE BULLISMO: I PRIMI STUDI RELATIVI AL FENOMENO

 


Con il termine “bullismo”, si indica, in modo generale, e in ambito accademico, quella particolare forma di comportamento sociale, di tipo intenzionale e violento, tanto di natura fisica quanto psicologica, ripetuto nel corso del tempo, attuato nei confronti di persone considerate come più deboli dal soggetto o dal gruppo che perpetra uno o più di tali atti.

Proprio per questa sua natura, intrinsecamente relazionale (in quanto il bullo, per poter essere tale, ha bisogno del bullizzato), il bullismo è un fenomeno sociale, di tipo deviante, le cui cause non vanno, in alcun modo, ricercate in dinamiche individuali, quindi meramente psicologiche, bensì in contesti socio-culturali, la cui struttura è, essenzialmente, storica, dunque sociologica.

Nessun individuo nasce bullo, come non nasce buono o cattivo: diventa ciò che è, grazie all’insieme di esperienze e relazioni che riesce a costruire nell’arco del tempo.

I primissimi studi, inerenti il bullismo”, sono stati svolti da psicologi, come il ricercatore norvegese Dan Olweus, che negli anni '70, per primo, utilizzò il termine inglese “bullying”, al fine di indicare quell’insieme di prepotenze prodotte all’interno di un gruppo di pari.

Nellopera dal titolo “Bullismo a scuola, Olweus, tenta di dare una definizione precisa di bullismo, scrivendo che “uno studente, è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato, e vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente, nel corso del tempo, ad azioni offensive, messe in atto da parte di uno o più compagni.

Pertanto, un’azione, secondo Olweus, può essere ritenuta “offensiva”, quando, il soggetto che la compie, lo fa o in modo intenzionale, arrecando un danno/disagio alla persona verso cui, la stessa azione, è diretta.

Olweus, inoltre, ritiene che tali azioni negative, o prepotenti, possono essere compiute attraverso:

1) contatto fisico

2) parole ingiuriose

3) allontanamento o esclusione dal gruppo.

Per far in modo che si parli di bullismo, dunque, deve potersi creare, secondo lo psicologo norvegese, in un certo contesto sociale, uno squilibrio di forze, ossia una relazione di potere asimmetrica, per la quale, il ragazzo, esposto ai tormenti, evidenzia difficoltà nel difendersi.

Olweus, inoltre, considera l’aggressività, che caratterizza il “bullo”, come una risposta comportamentale, e non come un mero impulso irrefrenabile, da dover essere appagato, necessariamente, attraverso meccanismi psicodinamici. Infine, lo studioso, evidenzia degli elementi comuni, che possono provocare, o esasperare, tale risposta, quali:  il clima della classe, le intromissioni degli insegnanti, l’ambiente familiare, gli aspetti individuali dei ragazzi.

Oltre agli studi realizzati da Olweus, ve ne sono stati altri, successivi, sempre d’impronta psicologica, che meritano di essere citati: come quelli dei due studiosi inglesi S. Sharp e P. K. Smith.

Secondo i due ricercatori britannici, “un comportamento da bullo, è un tipo di azione, che mira, deliberatamente, a far del male o danneggiare; spesso è persistente, talvolta, dura per settimane, mesi e persino anni, ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori, c’è un abuso di potere, e un desiderio di intimidire e dominare l’altro” (S. Sharp e P. K. Smith 1985, pp. 87-88).

In Italia, invece, ad occuparsi del fenomeno bullismo, nel 1995, è stata la psicologa Ada Fonzi.

La Fonzi, in merito alle dinamiche eziologiche del bullismo, scrive alcune, note, pubblicazioni, rivolte all’analisi e allo studio di tutte quelle azioni, comportamenti e atteggiamenti, definiti, dalla stessa studiosa fiorentina, “intenzionali” e “aggressivi”.

Assieme alla propria équipe, la Fonzi, è arrivata alla conclusione che il termine inglese “bulliyng”, utilizzata dai colleghi del nord Europa, al fine di descrivere tutte quelle, particolari, azioni di prepotenza, esercitate da un gruppo di pari, nei confronti di uno o più individui, in Italia, debba essere sostituito dal termine sopraffazione”.

Secondo la psicologa, infatti, sarebbe questo il termine più consono, e adeguato, nel descrivere tali, suddette, azioni socio-devianti.

Per questa ragione, la Fonzi, scrive che: “un ragazzo, subisce delle prepotenze, quando un altro ragazzo, o un gruppo di ragazzi, gli dicono cose cattive, o spiacevoli. È sempre prepotenza, quando un ragazzo riceve colpi, pugni, calci, minacce, viene rinchiuso in una stanza, riceve bigliettini offensivi, o, in ultimo, quando nessun altro ragazzo gli rivolge mai la parola”.

Questi fatti, spiega la Fonzi, tra i ragazzi, capitano con una certa frequenza, e, secondo la studiosa, chi subisce tali prepotenze, poi, non riesce a difendersi. Inoltre, prosegue la psicologa italiana, si tratta, sempre, di prepotenze, quando un ragazzo viene preso in giro, ripetutamente, e con cattiveria. Non si tratta, invece, sottolinea la ricercatrice, di prepotenze, quando due ragazzi, all’incirca della stessa forza, litigano tra di loro o fanno la lotta” (A. Fonzi 1997, p. 67).


Roberto De Vivo

sabato 6 gennaio 2024

I SOCIAL NETWORK NEL MONDO



Uno degli studi, tra i più rilevanti, nonché completi, rispetto alla realtà di internet, e ai suoi utenti, nel mondo, è, sicuramente, il “Digital 2020”, realizzato da “We Are Social” (una “socially-led creative agency”, in grado di intercettare, e decodificare, momenti culturali, che vengono riscritti alla velocità dei social media), in collaborazione con “Hootsuite”.

Lo studio “Digital 2020” afferma che, rispetto alla popolazione mondiale (composta, all’incirca, da 7 miliardi di persone), i dispositivi mobili (come smartphone o tablet), sono diventati, facilmente, accessibili a più di 5 miliardi di individui (che, in termini percentuali, rispetto alla popolazione mondiale, corrisponderebbe ad un valore che si aggira intorno al 67%).

Le persone che accedono ad Internet, sono più di 4 miliardi e mezzo (il 60% circa), con un incremento, rispetto all’anno 2019, del +7%.

Gli utenti attivi”, riguardo ai mezzi “social”, sono, in totale, circa 4,14 miliardi: un valore tremendo, se rapportato, anche questo, rispetto a quello rilevato l`anno prima (un incremento del +10%).

Inoltre, sempre secondo lo studio “Digital 2020”, ad essere rilevante e` il dato riferito alla cosìddetta penetrazione di Internet: un dato statistico rilevato in rapporto alle diverse aree geografiche mondiali.

Innanzitutto, per “penetrazione” si intende, statisticamente, il livello di diffusione di internet, specificatamente ad una ben determinata regione del mondo: in poche parole, è il rapporto tra il numero di utenti di internet e il numero totale di abitanti, di una specifica area geografica.

Naturalmente, la penetrazione varia da regione a regione, passando, ad esempio, dal 22% dell’Africa centrale, fino ad arrivare a punte del 95% nelle regioni dell’Europa settentrionale.

2. L’ UTILIZZO DEI SOCIAL NETWORK PER AREA GEOGRAFICA NEL MONDO

L’utilizzo dei social network, nel mondo, ha raggiunto proporzioni, davvero, importanti, arrivando, perfino, a modificare stili di vita, comportamenti individuali, sociali e modelli relazionali.

Nonostante la forte crescita, avvenuta negli anni, secondo “We Are Social”,  permane, comunque, un forte “digital divide” (espressione nata negli Stati Uniti, durante la presidenza Clinton, nel periodo compreso tra l’anno 1993 e il 2001, con lo scopo di indicare la disparità, in merito alla possibilità di accesso ai servizi telematici, tra gli abitanti della popolazione americana), in particolar modo tra i paesi sviluppati e sottosviluppati. 

Chiaramente, i motivi di esclusione, secondo il rapporto “Digital 2020, comprendono diverse variabili, tra cui: le condizioni economiche, il livello di istruzione, la qualità delle infrastrutture e le differenze di età o di sesso.

 È interessante osservare, tramite un’attenta analisi dei dati, di seguito riportati, quali siano i social network “più famosi”, cioè, quelli più utilizzati, nel mondo, dagli utenti.

E` stato rilevato come l’utilizzo dei social network, nel mondo, sia misurato, anche, sulla base del numero di “utenti unici”, cioè quelli iscritti, ogni messe, sulle varie piattaforme digitali.

1. DATI RIFERITI AI SOCIAL NETWORK PIÙ UTILIZZATI NEL GLOBO (dati aggiornati al 19 ottobre 2020).

 

· Facebook: 2,7 miliardi di utenti

 

· Youtube: 2,0 miliari di utenti

 

· WhatsApp: 2,0 miliardi di utenti

 

· Facebook Messenger: 1,3 miliardi di utenti

 

· Weixin/WeChat: 1,2 miliari di utenti

 

· Instagram: 1,15 miliardi di utenti.

Rispetto a questi, seguono social network minori, come TikTok (689 milioni di utenti), QQ (648 milioni), QZONE (517 milioni), Sina Weibo (523 milioni). Reddit (430 milioni), Snapchat (433 milioni), Twitter (353 milioni), Pinterest (416 milioni) e Kuaishou (430 milioni).

Per quanto riguarda l’Italia, invece, l’indice di “penetrazione di Internet” si attesta intorno all’82% della popolazione, ma, naturalmente, il dato cambia, radicalmente, tra le varie fasce d’età, passando dall’89% delle persone di età compresa tra 25 e i 44 anni al 28,8% delle persone con 65 e più anni (dati Istat).

Il dato peggiore è quello riferito al numero di connessioni giornaliere, effettuate per mezzo di dispositivi mobili (smartphone, tablet), in rapporto alla popolazione totale italiana (che è composta da circa 60 milioni di residenti): ogni giorno, in Italia, avvengono, in media, circa 80 milioni di connessioni a Internet.

Per quanto riguarda il numero degli utenti che usano i social network, in Italia, si attesta intorno ai 35 milioni (il 58% della popolazione totale). La crescita, rispetto al 2019, si attesta intorno al +6,4%: ben 2,1 milioni in più di italiani utilizzatori di social network, tra i più vari. Gli utenti attivi sui social, da dispositivi mobili, sono il 98%.

2. I SOCIAL NETWORK PIÙ UTILIZZATI IN ITALIA

 

· Facebook: 29 milioni di utenti

 

· Instagram: 20 milioni di utenti

 

· Snapchat: 3.05 milioni di utenti

 

· Twitter: 3,17 milioni di utenti

 

· Linkedin: 14 milioni di utenti



Roberto De Vivo

Dottore Magistrale In Filosofia Ed Etica Delle Relazioni Umane

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lunedì 1 maggio 2023

La costante presenza dell'angoscia di vivere

 



In Kierkegaard, Dio e` quella convinzione, grazie alla quale, il singolo individuo, puo` sconfiggere la propria angoscia esistenziale, dando, cosi`,  un senso, particolare, e un significato, specifico, all`intera realta`, ad egli circostante, avendo fiducia dell`altro da se`, oltre che del domani che verra`.

Con l`avvento della societa` capitalistica, a fare da sfondo esistenziale, nella vita umana, non e` piu` Dio, ma il denaro e il capitale.

Dio, nella societa` capitalistica, perde, totalmente, di valore, senso e significato; per questa ragione, ad ogni sentimento di speranza, che, nelle epoche storiche precidenti, l`uomo, provava, nel rapporto al mondo, agli altri e alla propria interiorita`, subentra, invece, un sentimento di angoscia, di paura perenne nel domani, mentre la fiducia nell`altro, viene sostituita, dall`idea, terribile, che ogni altro, non e` nient`altro che un` antagonista, un nemico da distruggere, ad ogni costo.

Nell`era del capitale, e della grande finanza, infatti, tutti gli uomini, sono, tra loro, in una, infinita competizione distruttiva: ogni altro, rappresenta, potenzialmente, un ostacolo, pericoloso, alla realizzazione dei propri sogni e obiettivi, quindi, per forza di cose, diventa piu` `utile`, e conveniente,  rimuoverlo dal proprio percorso di vita, piuttosto che aiutarlo in qualche modo.

Nell`epoca del `tutti contro tutti`, e` l`individualismo a prendere piede, determinando un nuovo tipo di societa` umana, mai vista prima nella storia: la societa` nichilista.

Nietzsche, indica con il termine `nichilismo`,  quella, specifica,`volonta` del nulla`, provocata da un atteggiamento di disgusto nei confronti del mondo circostante e della realta` in generale. E` la manifestazione, concreta, della preannunciata `morte di Dio`. E` la specifica situazione dell`uomo moderno, e contemporaneo, che, non credendo piu` nei valori supremi di Dio (in quanto `Dio e` morto`), della verita` e del bene, ne` in un senso e in uno scopo metafisico delle cose, finisce per avvertire, di fronte all`essere, lo sgomento del vuoto e del nulla.

Nei famosi `frammenti postumi`, pubblicati tra il 1887 e il 1888, Nietzsche, in merito al `nichilismo`, scrive che: `manca il fine; manca la risposta al `perche``; tutti i valori supremi si svalorizzano`.

Con l`avvento della seconda rivoluzione industriale, l`uomo, percepisce, nel proprio esistere, che non vi e` alcun obiettivo, possibile, da potere realizzare, e che il `tutto intorno a se``, in realta`, e` `niente`: totalmente vuoto di senso e finto di significato.

Per mezzo di Dio, e della fede, l`uomo, aveva la possibilita` di costruire la propria esistenza, mediante valori, etico-morali, di stampo cristiani, immaginando obiettivi, e scopi ultimi, da potere realizzare concretamente, mentre, oggi, quell`insieme di possibilita`, diventa, per lo stesso, un teatro di paura e angoscia: dove nessuna speranza puo` piu` alleviare quel terribile, devastante, e immobilizzante, dolore esistenziale, che fa da sfondo ad ogni emozione, pensiero e azione umana.

 

Roberto De Vivo


giovedì 13 aprile 2023

La vita

 


É un mistero,

Quello dell'entrata 

in un luogo

costantemente in bilico

e in cui l'uomo, in ogni istante

è, perennemente, teso

tra ciò che è

e ciò che vorrebbe essere.

É un cammino 

insidioso

pericoloso

terribilmente dinamico

In cui ciò che è

non sarà più.

Spazio e tempo

si fondono in un punto

dove nulla e essere

tutto e niente

all'unisono

esistono

nell'unità contrastante

come battito di cuore

di un'esistenza disorientata

spaventata

da quell'angosciante punto di arrivo

che è

in realtá

un ritorno

a quella condizione

Iniziale

di entrata misteriosa

insensata

dove ogni perché

permane nello sfondo

di un eco inaudibile: la vita.


Roberto De Vivo






mercoledì 12 aprile 2023

Secondo Jung, siamo esseri immortali, e io ve lo dimostro!!


Giá Carl Gustav Jung, allievo di Sigmund Freud, e, dopo di lui, il piú grande psicoanalista della storia del mondo, argomentò riguardo alle dinamiche della psiche umana (gli antichi la definivano ANIMA), affermando, e dimostrando, che la stessa non soggiace alle categorie spazio-temporali, sotto le quali, invece, il corpo è sottoposto.

Nei sogni, ad esempio, afferma Jung, è possibile constatare questo aspetto di libertá della psiche individuale, che, al contrario, il corpo non possiede.

Ogni volta che si sogna, infatti, si ha accesso ad un mondo senza barriera alcuna: non esiste spazio e nemmeno tempo.

Si potrebbe, nel sogno, esperire di essere al periodo storico dell'antica roma cesariana, e, al contempo, appunto, nel mondo odierno, con un battito di ciglia: quindi, avendo esperienza, nell'identico istante onirico, di due tempi, oceanicamente diversi, se ne deduce che, nel luogo psichico, in cui si vive sognando, non esiste alcun tempo.

Anche lo spazio, insieme al tempo, è nullo in noi: si sogna di volare, di correre a terra, di cadere da un grattacielo, di vivere in Inghilterra, o cose simili, eppure, ad un tratto, si osserva di essere nella propria casa, nel proprio letto.

Ora, se nel luogo psichico (come nel sogno), non esistono barriere e leggi spazio-temporali, allora, per effetto logico, se ne  deduce, necessariamente, che la psiche vive fuori dal tempo, quindi è eterna, e dallo spazio, quindi è infinita.

L'anima, come fu definita, per la prima volta, dal pensiero filosofico antico, esiste, da sempre e per sempre, oltre ad essere infinita, non avendo alcun limite locale. 

In quanto eterna e infinita, non ha esperienza della 'fine': mentre il corpo, vincolato da leggi spazio-temporali, ad un certo punto ha.

Dunque, non si muore 'realmente', cioè nella totalitá della realtá che ognuno di noi è, ma solo 'apparentemente': soltanto se si osserva la realtá, esclusivamente sul piano 'materiale' ed 'empirico'.

L'uomo, è un individuo immortale, non avrá mai alcuna fine: e, per implicazione logico-causale, alcun inizio.


Roberto De Vivo


lunedì 10 aprile 2023

Bulli si diventa, un progetto filosofico e un patto tra famiglia e scuola per fronteggiare l'aggressività



 INTERVISTA ESTRAPOLATA DAL GIORNALE ONLINE 'PERUGIATODAY' (DEL 01-06-021)

lL volume scritto dal professor Gaetano Mollo e Roberto De Vivo è frutto di due anni di sperimentazione negli istituti scolastici

 

Bullismo e cyberbullismo costituiscono un’esperienza di sofferenza quotidiana per tanti giovani: il 68% di essi dichiara di aver assistito ad episodi di bullismo, o cyberbullismo, mentre il 61% ne è stato vittima.

Secondo i rilevamenti Istat ragazzi e ragazze esprimono sofferenza per episodi di violenza psicologica subita da parte di coetanei (42,23%) e in particolare il 44,57% delle ragazze segnala il forte disagio provato dal ricevere commenti non graditi di carattere sessuale online. Dall’altro lato l’8,02% delle ragazze ammette di aver compiuto atti di bullismo, o cyberbullismo, percentuale che cresce fino al 14,76% tra i ragazzi. Oltre il 50% dei ragazzi tra gli 11 e 17 anni ha subito episodi di bullismo, e tra chi utilizza quotidianamente il cellulare (85,8%), ben il 22,2% riferisce di essere stato vittima di cyberbullismo.

Le statistiche confermano anche che il cyberbullismo colpisce di più le ragazze, tanto che il 12,4% delle giovani ha ammesso di esserne state vittima, rispetto al 10,4% dei ragazzi. Questa differenza è in particolare determinata dalle sofferenze provocate da commenti a sfondo sessuale, subiti dal 32% delle ragazze, contro il 6,7% dei ragazzi. Le provocazioni in rete che disturbano il 9,5% degli adolescenti, colpiscono di più i maschi (16%) delle femmine (7,2%).

Tra gli altri rischi che si corrono sul web i giovani segnalano la perdita della propria privacy (49,32%) il revenge porn (41,63%) il rischio di adescamento da parte di malintenzionati (39,20%) stalking (36,56%) e di molestie online (33,78%).

Il bullismo, e il cyberbullismo ancor di più, sono fenomeni che risentono fortemente dei tempi in cui viviamo: egoismo, narcisismo, mancanza di empatia, assenza di amicizia.

“Sono tre i cerchi all’interno dei quali possiamo classificare i comportamenti bullizzanti – afferma il professor Gaetano Mollo, ordinario di Pedagogia generale e sociale all’Università di Perugia – Sociologico, quello in cui viviamo una realtà violenta, piena di indifferenza e solitudine, una realtà isolante che la scuola rafforza con i banchi singoli – prosegue Mollo – Uno spazio sociale in cui l’aggressività che nasce dal mancato riconoscimento personale viene scaricata sugli altri. Si diventa bulli per alleggerire l’aggressività che i ragazzi non riescono a trasportare nello sport. Comportamenti aggressivi per raccogliere attorno a sé dei seguaci, perché il bullo si sente protagonista in questo modo e il sadismo diventa un modo per emergere nella vita quotidiana. Si diventa bulli per concause e mancanze personali e strutturali”.

Gli altri due cerchi sono quello psicologico, afferente alle carenze educative, al bisogno di sentirsi importanti, all’assoluta mancanza di rispetto per sé e gli altri; e quello pedagogico: la famiglia non segue il giovane o produce comportamenti devianti, la scuola non insegna a superare le distanze e a cooperare, il quartiere è un ambiente ostile, che spinge all’isolamento.

Il bullismo è al centro di un progetto di ricerca dell’Università di Perugia (portato al momento solo nella scuola media di Marsciano, nell’ambito di una giornata con 100 ragazzi e la psicologa, Jessica Barbanera) che prevede la somministrazione di due questionari per capire quanto i ragazzi sanno di inclusività. Da questo progetto è nato anche un libro: “Bulli si diventa”, opera di Gaetano Mollo e Roberto De Vivo, 2F editore con il contributo del Lions Club di Marsciano.

“L’Umbria non è a basso rischio bullismo, perché non si tratta di dati statistici: meno persone, quindi meno casi – afferma Roberto De Vivo, dottore in filosofia e pedagogista - Manca l’educazione, non c’è empatia, non si scoprono gli elementi fondamentali di una relazione tra pari e, infine, mancano i valori – prosegue De Vivo – I giovani messi di fronte a parole significative relative all’inclusività, alla violenza, al bullismo, all’amicizia, esprimono bene il concetto dietro la parola, ma quando si tratta di metterle in connessione con le azioni si nota uno scollamento: a parole nessuno è bullo, ma nei fatti le cose non vanne nella stessa direzione”.

Bulli, quindi, non si nasce, ma lo si può diventare. “La nostra società in cui i giovani vivono e derivano c’è già nella ‘Gaia scienza’ di Nietsche, laddove parla della morte dei valori occidentali – specifica De Vivo - Una società senza valori, nichilista, senza compassione o esempi da seguire. I ragazzi vivono nella società dell’avere e non dell’essere, dell’essere ciò che si possiede: se non ho nulla in mano, non sono niente – dice ancora De Vivo – Per questo l’altro è visto come un nemico, o perché ha più di me o perché vuole togliermi qualcosa. Così anche il bullismo diventa fine a se stesso”.

Cosa emerge dalla ricerca, confluita poi nel libro? Emerge un dato preoccupante perché il bullismo è presente tra i giovani, non passa il concetto di inclusività, di cooperazione, diaiuto e amicizia. I ragazzi percepiscono cosa è normale nei rapporti tra simili, ma agiscono al contrario perché subentrano elementi psicologici che dissolvono la conseguenza pensare e agire.

“Il cyberbullismo porta alle estreme conseguenze il fenomeno perché non c’è più neanche il confronto reale – dice il professo Mollo – Siamo di fronte al bullismo ai massimi livelli, condiviso all’infinito in rete. L’episodio di bullismo compiuto e ripreso, passa dal circolo ristretto del bullo e dei suoi seguaci al mondo – prosegue Mollo - L’essere vittima nella realtà si ferma nel momento in cui si compie l’atto, nel cyberbullismo l’atto è moltiplicato ogni volta che qualcuno guarda il filmato, viene amplificato nel web. E non si può fermare, nla vittima non si può confrontare con il bullo e questo non ne prenderà mai coscienza”.

Come intervenire? “La prevenzione come prima possibile soluzione: famiglia e scuola devono cooperare con finalità educative, insieme con lo sport, con le attività degli oratori per un corretto sviluppo morale e sociale della persona – riferisce De Vivo – Una scuola aperta con attività di relazione al centro del proprio essere, per portare a riconoscere l’altro e cooperare. La scuola non deve essere luogo di trasmissione di sapere inteso come informazioni usa e getta, ma deve essere luogo di stimolo del pensiero critico, della riflessione. La filosofia può diventare uno strumento per fronteggiare il bullismo: attraverso il dialogo, la discussione tra pari, la valorizzazione dei rapporti e delle amicizie, si conduce la persona alla scoperta che non siamo tutti uguali come persone, che siamo diversi, ma che l’accettazione di questa diversità, di fronte alla parità valoriale delle persone, ci permette di mettere in atto una relazione basata sul riconoscimento di sé e dell’altro, nel rispetto e nella tolleranza degli altri e delle loro idee”.