Nel pensiero platonico, l`esistenza si caratterizza come `ponte sospeso tra essere e non essere`. Esistere, per il filosofo ateniese, equivale ad `essere` una particolare cosa: inserita in uno specifico arco temporale, soggetta al divenire, e cornice spaziale, materialmente e spazialmente definita, limitata.
In quanto contingentata,
nel tempo e nello spazio, l`esistenza non e` `essere`, ma una sua particolare
manifestazione, o emanazione. L`esistere, per potere essere tale (cioe`, per
potere esistere, appunto), presuppone l`essere, e, al contempo, cio` che
`essere non e`: materia ( il non essere, nell`uomo configurata dal corpo) e
tempo (l’anima).
Nel cercare
di comprendere, tale apparente contraddizione, inerente, e immanente,
l`essenza, intrinseca, dell`esistere, bisogna, in prima istanza, tenere
presente che l`essere, per Platone, e per l`intero pensiero filosofico
occidentale, e`, semplicemente, definito come `cio` che e``: nella sua
immediatezza, purezza, eternita`, unicita` e informalita`.
Tale
concetto ( quello di `essere`, appunto), ha un`origine antica, precedente al
periodo classico ateniese e al sistema platonico. Il termine `essere`, infatti,
venne, magistralmente, definito, dal filosofo eleatico Parmenide.
Parmenide,
nacque in Magna Grecia, ad Elea (oggi Ascea), da una famiglia aristocratica.
Della sua vita si hanno poche notizie.
Secondo
Speusippo, nipote di Platone, Parmenide, sarebbe stato chiamato dai suoi
concittadini a redigere le leggi della sua città, mentre, secondo Sozione, fu
discepolo del pitagorico Aminia, per altri, invece, fu, probabilmente, discepolo
di Senofane di Colofone.
Ad Elea,
fondò una scuola, insieme al suo discepolo prediletto Zenone. Platone, nel
‘Parmenide’, riferisce di un viaggio che negli anni della vecchiaia, Parmenide,
intraprese alla volta di Atene, dove conobbe il giovane Socrate, con il quale
ebbe una vivace discussione.
In un
preciso passo della sua opera, dal titolo ‘Sulla natura’, scritta in versi
esametrici, il filosofo di Elea scrive che l` `essere`` e` e non e` possibile
che non sia, il non essere non e` e non e` possibile che sia`. (Parmenide,
Sulla Natura, fr. 2, vv. 3,5).
L`essere,
secondo il filosofo eleatico, in quanto e`, non puo`, in alcun modo, `non
essere`, mentre il `non essere`, in quanto `non e``, non puo` essere. Insomma,
l`essere (cio` che e`), in qualita` di realta` totale, infinitamente possibile,
trascende, nella propria necessità, qualsiasi tipologia di schema temporale,
spaziale e materiale. Non avendo alcuna forma specifica, le precede tutte (
quelle possibili e non possibili).
Per queste
ragioni, Parmenide, prosegue, nell`argomentare che, in quanto totalita`,
l`essere e` unico, e non possono esserci due `esseri`, giacche`, se uno e`
l`essere, e l`altro non e` il primo, allora, quest`ultimo, e`, per effetto
logico, quindi conseguenziale, non essere (che, per sua stessa ragione, non
e`).
Da tali
premesse, sopra esposte, oltre che razionalmente dedotte, Il pensatore
presocratico, riesce, persino, a desumere le caratteristiche essenziali,
strutturali, dell’essere, che, in quanto tale, deve, per Parmenide,
logicamente, possedere.
Tali caratteristiche,
per il pensatore, sono otto: l`immutabilita`, la finitezza, l`unicita`,
l`eternita`, l`immobilita`, l`indeterminatezza, l`ingenerabilita` e, infine,
l`imperturbabilita`.
L`essere, ad
esempio, secondo l’eleate, nel momento in cui è, non puo`, per vincolo
logico-causale, muoversi, giacchè, se lo facesse, passerebbe, spazialmente, da
un punto `A` ad un punto `B` ( dove `B`
e` un punto, spazialmente definibile, come non `A`); tale modificazione locale
dell’essere, se la si assumesse, al livello logico, possibile , implicherebbe,
per effetto causale, una trasformazione dello stesso: infatti,` se nel punto
`A`, l’essere e`, passando nel punto `B` ( non A non è), l’essere, in quanto
spazialmente modificato, non sarebbe piu` cio` che era in `A`, divenendo, così,
la sua negazione: non essere, appunto.
Quest’ultimo,
in quanto passaggio dell’essere, razionalmente, impossibile da compiersi,
giacchè contrario a qualsiasi nesso logico-causale, è il motivo per cui
l’essere, in quanto è, e`, per sua stessa natura, immobile.
Ogni singola
caratteristica intrinseca, delle otto,
riferita all’essere, fu minuziosamente dimostrata, da Parmenide, nella
sua opera, nell`identico modo in cui lo si e`, appena, fatto, per quanto
riguarda la sua ‘immobilita`.
Chiarito
questo aspetto concettuale, riguardante, nello specifico, la natura,
intrinseca, dell’essere, diventa più chiara la visione platonica di esistenza,
come ‘ponte sospeso tra essere e non essere`.
Come si e` ,
gia`, cercato di chiarire, fin qui, nel momento in cui qualcosa (o un qualcuno)
esiste, l’ essere (che precede,
addirittura, il piano essenziale dell’esistere) si concretizza nell’essente,
manifestandosi come idea di pensiero, puramente logica, astratta e possibile: a
sua volta, l’essente, si specifica, materialmente, per mezzo di un’unità
spazio-temporale. Nell’unità spazio-tempo, l’essere, da essente (da pura idea
intellettualmente astratta) si
determina, materialmente, in una forma specifica, che, nel suo inizio, determina,
necessariamente, la propria fine.
L`esistenza,
dunque, non e` essere, in quanto, se lo fosse, non potrebbe, in alcun modo,
modificarsi, nel tempo, oltre che nello spazio.
Nel caso
specifico dell`esistenza umana, si riesce a
constatare, come la stessa, in
quanto individualizzata e particolarizzata ,nell`unita` spazio-tempo, sia, irreversibilmente, soggetta, alla
dimensione temporale, oltre che ai limiti locali, che la caratterizzano.
In ogni
istante, l`uomo, cambia, costantemente, la propria forma, modificandosi, in
ogni sua parte: psicologica, corporea, anagrafica, biologica, cognitiva,
storica e linguistica.
Ogni cosa,
nel mondo, non rimane mai uguale a se stessa: e`, inesorabilmente, inserita in
un processo di modificazione irreversibile, fenomenologicamente intesa, che la
rende finita, limitata, e, allo stesso tempo, unica. Ed e` proprio
quest`ultima, l`unicita`, ad essere la sola caratteristica, comune, che, ogni
specifica esistenza, ha con l`essere (giacche`, come si e` affermato sopra, per
Parmenide, l`essere e` unico).
`Come ponte
sospeso`, tra essere e non essere, l`esistenza si delinea, inoltre, come
nullita` (dunque non essere), giacche`, nel suo procedere in avanti, di
modificazione in modificazione, ad un certo punto, e in un preciso momento,
cessa di essere, quindi di esistere, lasciando il posto a cio` che essere non
e`: la `morte`.
Come `ponte
teso`, tra essere e nulla, ogni cosa, nell`attimo in cui e`, non e`. Esistere,
equivale ad essere e non essere: nella medesima unita` spazio-temporale.
Per tutte
queste ragioni, fin qui argomentate, il senso etimologico, relativamente al
termine latino`esistenza` (da ex-sistere, cioe` `stare fuori`), acquista un
significato piu` netto, caratterizzando, cosi`, l`esistenza stessa, come
`fuoriuscita dell`essere da se`: dalla propria purezza, astrattezza,
immobilita`, immutabilita` e indeterminatezza, per concretizzarsi, e
manifstarsi, in una specifica, quanto determinata, realta` materiale, inserita
in una, ben definita, dimensione spazio-temporale, in cui si individua, nei
limiti di una forma, particolare, attraverso un processo causale, di
autodeterminazione fenomenica.
in questo
percorso, deterministico, l`esistenza, assume un significato, di tipo storico-
situazionale, necessariamente inserito all`interno di un percorso dialettico, vincolante,
che, impedisce la stessa, di muoversi in direzioni molteplici, obbligata a
percorrere un`unica strada, per mezzo della quale si realizza, e sviluppa, nel
tempo.
Roberto De Vivo
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