venerdì 24 febbraio 2023

Platone: l'esistenza come ponte sospeso tra 'essere e non essere'.

 

Nel pensiero platonico, l`esistenza si caratterizza come `ponte sospeso tra essere e non essere`. Esistere, per il filosofo ateniese, equivale ad `essere` una particolare cosa: inserita in uno specifico arco temporale, soggetta al divenire, e cornice spaziale, materialmente e spazialmente definita, limitata.

In quanto contingentata, nel tempo e nello spazio, l`esistenza non e` `essere`, ma una sua particolare manifestazione, o emanazione. L`esistere, per potere essere tale (cioe`, per potere esistere, appunto), presuppone l`essere, e, al contempo, cio` che `essere non e`: materia ( il non essere, nell`uomo configurata dal corpo) e tempo (l’anima).

Nel cercare di comprendere, tale apparente contraddizione, inerente, e immanente, l`essenza, intrinseca, dell`esistere, bisogna, in prima istanza, tenere presente che l`essere, per Platone, e per l`intero pensiero filosofico occidentale, e`, semplicemente, definito come `cio` che e``: nella sua immediatezza, purezza, eternita`, unicita` e informalita`.

Tale concetto ( quello di `essere`, appunto), ha un`origine antica, precedente al periodo classico ateniese e al sistema platonico. Il termine `essere`, infatti, venne, magistralmente, definito, dal filosofo eleatico Parmenide.

Parmenide, nacque in Magna Grecia, ad Elea (oggi Ascea), da una famiglia aristocratica. Della sua vita si hanno poche notizie.

Secondo Speusippo, nipote di Platone, Parmenide, sarebbe stato chiamato dai suoi concittadini a redigere le leggi della sua città, mentre, secondo Sozione, fu discepolo del pitagorico Aminia, per altri, invece, fu, probabilmente, discepolo di Senofane di Colofone.

Ad Elea, fondò una scuola, insieme al suo discepolo prediletto Zenone. Platone, nel ‘Parmenide’, riferisce di un viaggio che negli anni della vecchiaia, Parmenide, intraprese alla volta di Atene, dove conobbe il giovane Socrate, con il quale ebbe una vivace discussione.

In un preciso passo della sua opera, dal titolo ‘Sulla natura’, scritta in versi esametrici, il filosofo di Elea scrive che l` `essere`` e` e non e` possibile che non sia, il non essere non e` e non e` possibile che sia`. (Parmenide, Sulla Natura, fr. 2, vv. 3,5).

L`essere, secondo il filosofo eleatico, in quanto e`, non puo`, in alcun modo, `non essere`, mentre il `non essere`, in quanto `non e``, non puo` essere. Insomma, l`essere (cio` che e`), in qualita` di realta` totale, infinitamente possibile, trascende, nella propria necessità, qualsiasi tipologia di schema temporale, spaziale e materiale. Non avendo alcuna forma specifica, le precede tutte ( quelle possibili e non possibili).

Per queste ragioni, Parmenide, prosegue, nell`argomentare che, in quanto totalita`, l`essere e` unico, e non possono esserci due `esseri`, giacche`, se uno e` l`essere, e l`altro non e` il primo, allora, quest`ultimo, e`, per effetto logico, quindi conseguenziale, non essere (che, per sua stessa ragione, non e`).

Da tali premesse, sopra esposte, oltre che razionalmente dedotte, Il pensatore presocratico, riesce, persino, a desumere le caratteristiche essenziali, strutturali, dell’essere, che, in quanto tale, deve, per Parmenide, logicamente, possedere.

Tali caratteristiche, per il pensatore, sono otto: l`immutabilita`, la finitezza, l`unicita`, l`eternita`, l`immobilita`, l`indeterminatezza, l`ingenerabilita` e, infine, l`imperturbabilita`. 

L`essere, ad esempio, secondo l’eleate, nel momento in cui è, non puo`, per vincolo logico-causale, muoversi, giacchè, se lo facesse, passerebbe, spazialmente, da un punto `A` ad un punto `B` (  dove `B` e` un punto, spazialmente definibile, come non `A`); tale modificazione locale dell’essere, se la si assumesse, al livello logico, possibile , implicherebbe, per effetto causale, una trasformazione dello stesso: infatti,` se nel punto `A`, l’essere e`, passando nel punto `B` ( non A non è), l’essere, in quanto spazialmente modificato, non sarebbe piu` cio` che era in `A`, divenendo, così, la sua negazione: non essere, appunto.

Quest’ultimo, in quanto passaggio dell’essere, razionalmente, impossibile da compiersi, giacchè contrario a qualsiasi nesso logico-causale, è il motivo per cui l’essere, in quanto è, e`, per sua stessa natura, immobile.

Ogni singola caratteristica intrinseca, delle otto,  riferita all’essere, fu minuziosamente dimostrata, da Parmenide, nella sua opera, nell`identico modo in cui lo si e`, appena, fatto, per quanto riguarda la sua ‘immobilita`.

Chiarito questo aspetto concettuale, riguardante, nello specifico, la natura, intrinseca, dell’essere, diventa più chiara la visione platonica di esistenza, come ‘ponte sospeso tra essere e non essere`.

Come si e` , gia`, cercato di chiarire, fin qui, nel momento in cui qualcosa (o un qualcuno) esiste, l’ essere  (che precede, addirittura, il piano essenziale dell’esistere) si concretizza nell’essente, manifestandosi come idea di pensiero, puramente logica, astratta e possibile: a sua volta, l’essente, si specifica, materialmente, per mezzo di un’unità spazio-temporale. Nell’unità spazio-tempo, l’essere, da essente (da pura idea intellettualmente astratta)  si determina, materialmente, in una forma specifica, che, nel suo inizio, determina, necessariamente, la propria fine.

L`esistenza, dunque, non e` essere, in quanto, se lo fosse, non potrebbe, in alcun modo, modificarsi, nel tempo, oltre che nello spazio.

Nel caso specifico dell`esistenza umana, si riesce a  constatare, come la stessa,  in quanto individualizzata e particolarizzata ,nell`unita` spazio-tempo,  sia, irreversibilmente, soggetta, alla dimensione temporale, oltre che ai limiti locali, che la caratterizzano.

In ogni istante, l`uomo, cambia, costantemente, la propria forma, modificandosi, in ogni sua parte: psicologica, corporea, anagrafica, biologica, cognitiva, storica e linguistica.

Ogni cosa, nel mondo, non rimane mai uguale a se stessa: e`, inesorabilmente, inserita in un processo di modificazione irreversibile, fenomenologicamente intesa, che la rende finita, limitata, e, allo stesso tempo, unica. Ed e` proprio quest`ultima, l`unicita`, ad essere la sola caratteristica, comune, che, ogni specifica esistenza, ha con l`essere (giacche`, come si e` affermato sopra, per Parmenide, l`essere e` unico).

`Come ponte sospeso`, tra essere e non essere, l`esistenza si delinea, inoltre, come nullita` (dunque non essere), giacche`, nel suo procedere in avanti, di modificazione in modificazione, ad un certo punto, e in un preciso momento, cessa di essere, quindi di esistere, lasciando il posto a cio` che essere non e`: la `morte`.

Come `ponte teso`, tra essere e nulla, ogni cosa, nell`attimo in cui e`, non e`. Esistere, equivale ad essere e non essere: nella medesima unita` spazio-temporale.

Per tutte queste ragioni, fin qui argomentate, il senso etimologico, relativamente al termine latino`esistenza` (da ex-sistere, cioe` `stare fuori`), acquista un significato piu` netto, caratterizzando, cosi`, l`esistenza stessa, come `fuoriuscita dell`essere da se`: dalla propria purezza, astrattezza, immobilita`, immutabilita` e indeterminatezza, per concretizzarsi, e manifstarsi, in una specifica, quanto determinata, realta` materiale, inserita in una, ben definita, dimensione spazio-temporale, in cui si individua, nei limiti di una forma, particolare, attraverso un processo causale, di autodeterminazione fenomenica.

in questo percorso, deterministico, l`esistenza, assume un significato, di tipo storico- situazionale, necessariamente inserito all`interno di un percorso dialettico, vincolante, che, impedisce la stessa, di muoversi in direzioni molteplici, obbligata a percorrere un`unica strada, per mezzo della quale si realizza, e sviluppa, nel tempo.


Roberto De Vivo

Nessun commento:

Posta un commento