In
psicoanalisi, la funzione paterna, consiste nell’’interdizione dell’incesto’ e
nell’introduzione della ‘legge’ che, ponendo un limite all’anarchia delle
pulsioni, consente loro di acquistare una forma evolutiva e di accedere al
pensiero.
Per
‘incesto’, al livello psicoanalitico, si intende una sorta di ‘con-fusione’ (o disordine)
indifferenziata tra sessi e generazioni, alla quale si contrappone la ‘legge
paterna’ come limite generativo, che dà ordine, forma e identità sessuale.
‘L’interdizione
dell’incesto’ , è fondamentale, oltre ad essere necessaria, ai fini della
costruzione della personalità individuale, giacchè, per mezzo della stessa, al
livello psicosessuale, l’individuo instaura la propria ‘struttura edipica’: fonda la conflittualità
tra sessi e generazioni, secondo un vettore di sviluppo che consente una
evoluzione, una crescita, un apprendimento dall’esperienza, altrimenti
impossibile.
La funzione
paterna è, dunque, garante della civiltà, intesa sia come microcosmo (il nucleo
familiare), sia come macrocosmo (la società, come insieme di più nuclei
familiari ).
Nella
maggior parte delle antiche narrazioni mitologiche, in principio, vi è (quasi
sempre) uno stato caotico, indifferenziato, dove tutto è mescolato,
disordinato, informe e indeterminato. L’atto che dà inizio al “cosmo”, e quindi
all’ordine dell’universo ( contrapposto alla sua forma caotica iniziale), nei
miti, consiste in una separazione: la luce, ad esempio, è generata dalle
tenebre, la terra dal cielo, le acque dalla terraferma, e così via, fino ad
arrivare alle diverse specie viventi e alla loro, determinata, forma sessuale,
maschile e femminile.
Il
‘principio generativo’ è, dunque,
rappresentato dalla rottura di una continuità .
E’ qui che,
secondo la letteratura psicoanalitica, avviene la cosìddetta ‘proibizione
dell’incesto’: l’introduzione di tale discontinuità, separa il bambino dalla
madre, rompendo, così, la loro fusione (simbiotica).
In questo
modo, la madre si fa madre, e il bambino, bambino. Tale processo psicosessuale,
dà, finalmente, inizio alla relazione. Perché ci sia relazione, infatti,
occorre che ci siano due ‘reciprocità’ (o identità soggettive): un ‘IO’ e un
‘TU’.
La funzione
paterna, è ciò che rende fecondo il materno, attraverso la costituzione di un
limite che separa e, al contempo, ordina, forma e identifica le diverse
soggettività. Il fallo maschile è divenuto il simbolo di tale funzione
generatrice e ordinatrice. Lo ritroviamo, ad esempio, nello scettro dei re, nel
bastone dei profeti, nelle chiavi che conferiscono al Papa il potere di
sciogliere e di legare. Diviene, cioè, simbolo del potere legislativo del
padre, che gli conferisce il diritto di giudicare e di punire: una vera è
propria ”auctoritas” latina.
La piramide
del potere, nelle diverse società storiche, infatti, parte dal padre, capo della famiglia, arriva
al sovrano, capo del popolo, e culmina a Dio, capo dell’universo. Ciò che li
unisce è l’”axis mundi”, l’asse attorno al quale si organizza la realtà, in
base ad un ordine specifico, per mezzo del quale, ciò che era, inizialmente,
caotico e disordinato, diviene mondo, cosmo: una realtà stabilita, ordinata,
non più caotica e indifferenziata.
Con
l’avvento della modernità, e la società ‘nichilista’, questa organizzazione
semantica, incentrata sulla figura del padre, è entrata sempre più in crisi. Le
grandi concezioni del mondo, politiche, religiose, ideologiche, che la
fondavano, sono, come si è lungamente esposto nei paragrafi precedenti,
progressivamente tramontate.
Oggi, la funzione paterna, conosce una crisi profonda ed inedita. Ciò è dovuto a molteplici fattori. L’avvento della democrazia, ha fatto decadere l’idea di un potere assoluto, di origine divina, e introdotto l’idea di un potere laico, condiviso e in perenne discussione.
L’emancipazione
femminile, ha portato all’uguaglianza dei sessi e alla fine dell’istituzione
del “capofamiglia”, con tutte le conseguenze, sul piano pratico e simbolico,
che ancora non si sono completamente delineate.
Tutto ciò,
se da un lato rappresenta una conquista di civiltà, dall’altro comporta, come
tutti i grandi cambiamenti socio-culturali, confusione, ansia e
disorientamento.
Un tempo, il
padre, era percepito come rappresentante di un potere che andava oltre ‘di
lui’, come persona particolare. Poteva anche essere un individuo debole e
insignificante, ma era pur sempre il padre, e , in quanto tale, il
rappresentante, e detentore, di un potere indiscutibile, autorevole: quello
stesso potere detenuto da tutti i sovrani e gli
imperatori della storia del mondo.
Oggi, tale
rappresentanza, è, tragicamente, decaduta. Ogni padre deve conquistarsi
credibilità e rispetto, per così dire, “sul campo”, senza che nulla venga dato
per scontato. Lo stesso vale per la categoria dei governanti, insegnanti ,
educatori e così via: non vi è più un potere certo, stabile , sicuro e
duraturo, ma, al contrario, caotico, incerto, stabile e di breve durata.
Anche la
scuola, come accennato sopra, in qualità di istituzione educativa per
eccellenza, nell’attuale società nichilista, ha perso, nel tempo, la propria
autorevolezza e significanza.
Gli
insegnanti, da formatori, quali erano un tempo, sono divenuti, semplici e
apatici, in-formatori. La scuola ha, completamente, perduto il proprio
obiettivo: quello di formare le singole coscienze ad ‘essere se stesse’,
libere, indipendenti, autonome, adeguatamente strutturate alle passioni che,
ciascuna di loro, possiede, interiormente, dalla nascita, e che, in virtù delle
stesse, rende le uniche, e diverse, l’una dall’altra.
La società
nichilista, nata dalla distruzione del ‘principio generativo’, che, come si è
visto fin qui, è ciò che garantiva un’ ordine, un limite e una specifica forma
reale, culturale e sociale, ha dato avvio, ad un nuovo prodotto culturale, dove,
caos e disordine identitario, diventano gli elementi caratterizzanti.
Tale
prodotto culturale, è conosciuto con l’acronimo ‘lgbt’: cultura ‘lesbica, gay,
bisessuale e transgenter’.
Roberto De Vivo
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