Normalità, una parola molto utilizzata dal senso comune,
soprattutto per giustificare i propri comportamenti rispetto ad altri che si
reputano non idonei alla situazione particolare che si sta vivendo, tacciandoli
per a-normali. Siamo sicuri che la parola “normale” abbia questa funzione e
senso? Cos’è normale e cosa non lo è? Chi o che cosa stabilisce la normalità?
Innanzitutto, come per ogni ragionamento che si definisce
tale, dobbiamo partire dall’etimologia della parola: normale deriva dal latino “norma”
che significa regola. La regola è la squadra, quel particolare strumento
geometrico atto alla misurazione degli angoli. Normalità deriva appunto dal
latino “normalis” che non è nient’altro che la misura dell’angolo retto.
Dunque si definisce “normale” ciò che è normato, regolato,
retto, logico. Ciò che non è normale non rispetta i principi della logica, tra
cui quello “d’identità e non contraddizione” che stabilisce che una cosa, in un
tempo e spazio preciso, non può essere diversa da ciò che è.
Ora se nello stesso momento qualcosa assume due forme
diverse, quel qualcosa non è normato, quindi a-normale. E’ la logica e i suoi
principi che sottostanno alle dinamiche della normalità. Non l’uomo o una
particolare situazione esperienziale.
La follia non è normale giacché il matto percepisce una
realtà ben precisa diversa e identica nello stesso momento in cui ne ha
percezione. I sogni appartengono al mondo della pazzia. Infatti, si sogna
quando non si è consci e si dorme. Nella vita cosciente, quindi retta e
normata, non si sogna!
Concludendo, cerchiamo di imparare a non definire sempre non normale un
comportamento o qualcosa che non si adegua a noi e quindi ci ostacola, in qualche
modo. Quello è egoismo, non normalità!
Impariamo, invece, a dare alle parole un peso e un significato
definito. Quello stesso significato che già hanno e che deriva da una lunga
tradizione, fatta di storia, cultura, vita. Le parole hanno un senso, come la
normalità.
Roberto De Vivo
Dottore Magistrale in Filosofia
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