Fino a qualche tempo fa correva voce che nel quadro della riorganizzazione della Diocesi il settore tuderte stesse scomparendo, assorbito da quello orvietano o, comunque, reso ad esso subordinato. Oggi questa voce risulta ampiamente confermata, peraltro, dalle decisioni prese nell’ambito dell’ultima assemblea diocesana di Collevalenza, di cui parla Tamtam nel numero del novembre 2011 a pag. 16 ed ultimamente anche da una puntuale presa di posizione della redazione del mensile “Città Viva”. In questi articoli leggiamo che la Chiesa tuderte conserva soltanto un proprio vicario episcopale relativo alla sua zona e con un proprio ufficio nel Palazzo Vescovile: per il resto cede tutto ad Orvieto, a cominciare dall’Economo e Direttore dell’Ufficio Amministrativo Diocesano, su cui si accentrerà “ogni competenza economica e amministrativa riguardante tutta la Diocesi” e, a seguire, altri funzionari. Con una martellante insistenza sulla sede orvietana, alla quale dovranno riferirsi tutti, anche i pochi tuderti, sacerdoti o laici, che conserveranno qualche incarico. Nel processo di riorganizzazione è dunque individuabile uno smantellamento della ex diocesi di tale portata da rendere addirittura incoerente la stessa dicitura come “Orvieto-Todi”, adottata nel 1986 per alludere al mantenimento di un principio, seppur vago, di parità. Un principio oggi completamente aggirato e sostituito da una pura e semplice aggregazione di parrocchie, compresa quella della cosiddetta “Concattedrale”, che si trova anch’essa con un nome ormai privo di senso. Ma non solo di parrocchie: anche di uffici, trasferiti ad Orvieto, di archivi, anch’essi trasferiti, e, cosa più grave ancora, di istituzioni, edifici e beni storicamente appartenenti alla ex diocesi di Todi, ovviamente non trasportabili, ma che d’ora in poi sarà Orvieto ad amministrare. Condivido in pieno quanto affermato dalla redazione di “Città Viva” e cioè che prima di tutto un intervento di approvazione o disapprovazione dovrebbe venire dal mondo cattolico, tuttavia in qualità di rappresentante del Comune voglio ricordare che prima della fusione il territorio della diocesi di Todi era doppio di quella di Orvieto (2/3 contro 1/3), vi era un numero maggiore di sacerdoti e di attività oltre ad una situazione amministrativa e finanziaria ottimale. E allora, con il massimo rispetto per le scelte ecclesiali, ritengo che una riorganizzazione del patrimonio, delle strutture finanziarie e amministrative come quella in atto nella “nostra Diocesi”, debba prevedere il diritto di tutta la popolazione coinvolta ad esprimersi. Altrimenti, soppressa la Curia e svuotato il Palazzo Vescovile, l’intera Chiesa tuderte uscirà in silenzio dalla storia, con i suoi venti secoli di vita.
Il Vicesindaco
Moreno Primieri
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