lunedì 15 maggio 2017

Il "grande annuncio" di Nietzsche


Uno dei più grandi Filosofi del pensiero occidentale: Nietzsche. Lo si definisce «il primo perfetto nichilista», ciò dipende da una precisa circostanza: egli ha annunciato la «morte di Dio», intendendola come la distruzione di tutti i valori supremi della tradizione occidentale, dalla morale alla religione alla logica. Questo atto esposto nel celebre brano dell’«uomo folle» de “La gaia scienza” (1882), viene ritenuto dal filosofo come «il più grande avvenimento recente», che non mancherà di gettare le sue prime ombre sull’Europa. L’evento, troppo distante dalla mentalità comune della gente per poter essere accettato e capito, comporterà una lunga e copiosa serie di demolizioni, distruzioni e tramonti. Con Dio infatti, annota Nietzsche sempre nei Frammenti, è caduta anche «quella che è stata finora la morale: le due cose si reggevano a vicenda».

Il brano seguente, in cui l’uomo folle annuncia la morte di Dio merita di essere letto, perché non è solo denso di significato, ma è ciò che lo stesso Filosofo predisse. Oggi se ne osservano gli effetti, devastanti, catastrofici. Una società, quella odierna, senza più valori, punti d riferimento, certezze, è una società persa, angosciata, disperata. E’ chiaro che questo non vuole essere un messaggio pessimistico, anzi: per tentare di cambiare le cose, bisogna prima comprenderle fino in fondo, altrimenti ogni cambiamento sarà “gattopardesco”, illusorio, finto. Vi lascio al testo. Al “grande annuncio”. Vi lascio a Nietzsche.
"Avete sentito di quell’uomo folle che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: «Cerco Dio! Cerco Dio!»? - E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. [Folla] «Si è forse perduto?» disse uno. «Si è smarrito come un bambino?» fece un altro. «Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? E emigrato?» gridavano e ridevano in una gran confusione. L’uomo folle balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: «Dove se n’è andato Dio?» gridò «ve lo voglio dire! L’abbiamo ucciso - voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini!
Ma come abbiamo fatto? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dette la spugna per strofinare via l’intero orizzonte? Che mai facemmo per sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli?

Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste allora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla?

Non alita su di noi lo spazio vuoto? - Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo ancora nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino a oggi si è dissanguato sotto i nostri coltelli — chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo lavarci? Quali riti espiatori, quali sacre rappresentazioni dovremo inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo anche noi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione più grande - e tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, a una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!».
A questo punto l’uomo folle tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. «Vengo troppo presto», proseguì «non è ancora il mio tempo. Questo enorme evento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino - non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini.
Fulmine e tuono vogliono tempo, la luce delle stelle vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano viste e ascoltate. Quest’azione è ancor sempre più lontana dagli uomini delle stelle più lontane -eppure son loro che l’hanno compiuta!».

Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo modo: «Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio»?”
 

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